
Quando il potere pubblico viene esercitato in modo tracotante, opaco e in forme visibilmente anomale e antidemocratiche, denunciare non è solo un’opzione possibile, quanto piuttosto un preciso dovere inderogabile, per chi riveste incarichi istituzionali, pena risultare, di fatto, compiacenti, o peggio, complici.
La gestione della sanità regionale da parte dei commissari è letteralmente fuori controllo, come emerso, da ultimo, nell’audizione di ieri in Consiglio regionale, dove abbiamo avuto la prova palmare dell’occultamento e del travisamento dei pareri ministeriali; della secretazione di atti negati ai consiglieri regionali, ai sindaci e persino alla Asrem, ma nella disponibilità di soggetti privati in condizione di potenziale conflitto d’interessi; della mancata attivazione dei poteri di verifica e controllo sulla crisi di Responsible; del rifiuto di riferire al Consiglio sulla rete ictus dopo averne sproloquiato in tv, tra l’altro senza contraddittorio e propalando un cumulo di inesattezze; della mancata attivazione di tempestivi controlli di appropriatezza sulle prestazioni erogate dalle strutture private; della formulazione di proposte del tutto campate in aria, come il trasferimento del Cardarelli all’ex Cattolica; della sottoscrizione di accordi contrattuali con taluni privati in assenza di previsione di spesa e dunque fonte di ulteriore disavanzo.
A fronte di tale quadro, a dir poco allarmante, ho presentato un esposto analitico ai Ministeri affinché siano verificati i presupposti per la revoca dei commissari, nonché alle Procure penali ed erariali di Campobasso e Roma per accertare eventuali fattispecie aventi rilevanza penale e/o erariale, sia commissiva sia omissiva.
È prassi tipicamente molisana risolvere le questioni in camera caritatis, dandosi un mano (anzi due) a vicenda, facendosi scudo di un muro di gomma divenuto ormai asfissiante.
Con me hanno sbagliato indirizzo: l’unica speranza di salvezza per il Molise è nella demolizione di quel muro.



